La legge sul divorzio compie 50 anni: “l’inno all’amore” dell’On.le Nilde Iotti

Il 1 dicembre scorso la legge sul divorzio ha compiuto 50 anni.  

La legge numero 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) – conosciuta come “Fortuna-Baslini”, dal nome dei due deputati, Loris Fortuna (socialista) e Antonio Baslini (liberale) primi firmatari – fu approvata definitivamente dalla Camera il primo dicembre del 1970, in seguito a una seduta parlamentare che durò oltre 18 ore.  

Essa rappresenta una pietra miliare nella lotta per i diritti civili. 

Il 25 novembre 1969, quando l’iter legislativo era ormai alle ultime battute, l’Onorevole Nilde Iotti chiese la parola in seno alla Camera dei Deputati e tenne un discorso diventato famoso nella storia dell’affermazione dei diritti delle donne all’interno del diritto di famiglia e del riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio. 

Le parole di Nilde Iotti sono un vero inno all’amore, un inno ai sentimenti che costituiscono il vero motivo che spinge oggi un uomo ed una donna a contrarre matrimonio e a costituire una famiglia”, scelta non più dettata, come in passato, da motivi di accasamento, di procreazione dei figli, di trasmissione del patrimonio e neppure da un fine di mutua assistenza. 

Precisa Nilde Iotti che i sentimenti da cui trae fondamento il matrimonio non vanno intesi come  

qualcosa di fragile o di sentimenti basati soltanto sull’attrazione fisica, che è cosa ben diversa dal sentimento che spinge al matrimonio, anche se l’attrazione fisica è parte di esso, e qualche volta ne costituisce il punto iniziale. Noi parliamo di sentimenti che investono profondamente la personalità dell’individuo” 

quei sentimenti che portano un uomo e una donna a donarsi reciprocamente l’uno all’altra, realizzando e affermando se medesimi nella famiglia e nella società.  

La famiglia, proprio perché basata sui sentimenti 

 “diviene centro di vita morale e di solidarietà” e “fondata su questa base essa non è un fatto caduco o destinato a passare, al contrario”. 

I sentimenti costituiscono, dunque, la base morale del matrimonio.  

Occorre, tuttavia, prendere consapevolezza che  

per quanto siano forti i sentimenti che uniscono un uomo e una donna – in ogni tempo, ma soprattutto, direi, nel mondo di oggi – essi possono anche mutare; e quando non esistono più i sentimenti, non esiste neppure più, per le ragioni prima illustrate, il fondamento morale su cui si basa la vita familiare. Abbiamo dunque bisogno di ammettere la possibilità della separazione e dello scioglimento del matrimonio”. 

Peraltro, se è vero che il divorzio mette fine al vincolo coniugale, esso non può considerarsi il momento di rottura di un matrimonio, risalente, piuttosto, alla fase precedente della separazione: la rottura della famiglia comincia, infatti, nel momento in cui i coniugi decidono di separarsi, ossia quando, per essersi logorati i sentimenti che mantengono uniti marito e moglie, la convivenza non è più possibile e quindi quella famiglia non ha più il suo fondamento morale. 

Né può pensarsi che un matrimonio debba e possa rimanere in vita per il bene dei figli. Al contrario:  

la condizione dei figli in una famiglia tenuta insieme per forza, in una famiglia dove la violenza o, peggio – dico peggio – l’indifferenza sono alla base dei rapporti dei coniugi, è la peggiore possibile, e causa la devastazione della loro personalità; peggio, assai peggio, questa condizione che non quella di un figlio o di più figli che vivono con uno solo dei genitori separati, perché almeno in questo caso è possibile mantenere un minimo di rispetto per i genitori, mentre nell’ambito di una famiglia basata o sulla violenza o, peggio ancora, sull’indifferenza dei coniugi, non può più aversi neppure il rispetto dei figli nei confronti dei genitori”. 

Nilde Iotti declama, poi, a gran voce la necessità che lo Stato rispetti e riconosca l’autonomia della famiglia, quale organismo che ha una sua vita e sue leggi morali, pur valorizzando il senso di grande responsabilità a cui sono tenuti i coniugi, reciprocamente verso se stessi e nei confronti dei figli. 

quando si tratta della famiglia siamo di fronte a una sfera di interessi e di sentimenti in cui lo Stato meno ci mette la mano e meglio fa”, “lo Stato deve perciò limitarsi ad esigere dai contraenti il matrimonio, dai protagonisti della famiglia, un grande senso di responsabilità; deve fissare le norme, molto precise, perché i cittadini siano obbligati a questo senso di responsabilità, e deve intervenire nella tutela dei figli”,  

Quindi, i nuovi principi fondanti una famiglia devono essere: “corresponsabilità dei due coniugi”, “parità dei coniugi nella conduzione della famiglia e nell’esercizio della patria potestà comune”, “comunione dei beni nel corso del vincolo familiare”. 

A tutela della prole, poi, lo Stato deve intervenire per far sì che nel momento della rottura dell’unità familiare, si mantenga il più possibile una relazione tra genitori e figli “che non solo abbia in sé rispetto, ma sia piena e completa”. Da qui la richiesta di abolire la colpa nella separazione (attesa la sua innegabile incidenza negativa nel rapporto tra i figli e il genitore accusato di colpa) e l’esigenza di ispirare tutte le norme in tema di affidamento esclusivamente all’interesse della prole, a prescindere da chi, tra i due coniugi, fosse il responsabile della fine del matrimonio. 

Una particolare attenzione rivolge Nilde Iotti ai figli nati fuori del matrimonio, che all’epoca erano stigmatizzati come “irregolari”, “adulterini”, e di cui Ella invoca il riconoscimento giuridico quale unica soluzione morale giusta, perché anche i figli nati fuori del matrimonio potessero avere la loro collocazione normale nella società e fossero riconosciuti, pure agli effetti legali, quali componenti di una loro famiglia. 

 “I figli non chiedono di venire al mondo e la responsabilità del fatto che siano venuti al mondo non è loro, è dei genitori che li hanno messi al mondo. Non può quindi ricadere su di loro la responsabilità dei genitori”. 

Come noto, il testo originario della legge sul divorzio ha subito diversi rimaneggiamenti nel corso di questi 50 anni, di pari passo con l’evoluzione del costume sociale e con la formazione di nuovi modelli di famiglia, come quello delle unioni omoaffettive che oggi – dopo la L. n. 76/2016 – trovano riconoscimento a livello sociale e giuridico.  

Qualche anno dopo l’approvazione della legge sul divorzio, nel 1975 fu emanata la legge sulla riforma del diritto di famiglia (n. 151) con cui è stata data piena attuazione, in seno al codice civile, al principio costituzionale di parità tra uomo e donna all’interno della famiglia. Sono susseguite altre conquiste, a livello legislativo, frutto di battaglie condotte nel segno della civiltà e di una moderna concezione delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone. Nel 2006, con la c.d. legge sull’affidamento condiviso (n. 54), viene introdotto il principio della bi-genitorialità, in base al quale è stato riconosciuto il diritto dei figli di mantenere rapporti equilibrati con entrambi i genitori anche dopo la cessazione della loro convivenza, di ricevere cura, istruzione e educazione da entrambi e di mantenere rapporti con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale. Deve attendersi ancora il  2012 per un’altra svolta epocale nell’alveo del diritto di famiglia: l’affermazione di un unico status giuridico della filiazione. Oggi tutti i figli, siano essi nati in costanza che fuori del matrimonio, adottivi o concepiti mediante il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, sono uguali per la legge, senza distinzione di sorta e con il pieno riconoscimento giuridico dei legami parentali. 

Diritti delle donne: il discorso sul divorzio di Nilde Iotti, 1969 – Rai Teche

Autore: Emanuela Palama'

Dal 2004 esercito su Lecce e nel Salento la professione forense nell’ambito del diritto di famiglia e dei minori; curo separazioni, divorzi e questioni relative ai figli; mi occupo di coppie sposate, conviventi ed unite civilmente. Quello che faccio è ASCOLTARE, COMPRENDERE, TROVARE SOLUZIONI.