Il diritto di visita dei genitori separati/divorziati ai tempi del Coronavirus.

Dopo l’ordinanza del Ministero dell’Interno e della Salute del 22.03.2020, che riguarda il divieto di spostamento tra Comuni diversi, come comportarsi in ordine al diritto di visita dei figli minori?
Qualche consiglio per i genitori separati e divorziati… spero possa essere utile.

Percorso di sostegno alla genitorialità in fase di separazione e divorzio. Il sì della Corte di Cassazione. Riflessioni a margine della sentenza della Corte di Cassazione del 06 maggio 2019 n. 11842.

L’invio della coppia in mediazione familiare come strumento di sostegno della genitorialità è una delle misure che ben può essere adottata dal Tribunale per salvaguardare il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

La corretta interpretazione della disposizione richiamata, infatti, impone agli Stati contraenti non solo di astenersi da ingerenze arbitrarie nella vita familiare (i c.d. obblighi negativi), ma anche di adottare i c.d. obblighi positivi, diretti ad assicurare l’effettivo rispetto della vita privata e familiare; obblighi che possono implicare la predisposizione di interventi che permettano il corretto mantenimento delle relazioni genitoriali e che non implicano esclusivamente che le autorità vigilino affinché il minore possa mantenere contatti con entrambi i genitori separati, comprendendo piuttosto tutte le misure propedeutiche al raggiungimento di questo risultato, fornendo risposte non deboli, tempestive ed adeguate al caso concreto. Per essere adeguate, le misure deputate a riavvicinare il genitore non collocatario con il figlio minore devono essere attuate rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui. Non deve, dunque, trattarsi di misure stereotipate ed automatiche. (vd. Corte Eur. Dir. Uomo, sez. II, sentenza 29 gennaio 2013 – causa Lombardo c. Italia; Corte Eur. Dir. Uomo,  sentenza 17 novembre 2015 – causa Bondavalli c. Italia; Corte Eur. Dir. Uomo sentenza 23 marzo 2016 – causa Strumia c. Italia; Corte Eur. Dir. Uomo sentenza 15 settembre 2016 – causa Giorgioni c. Italia).

A questa chiave di lettura, per così dire convenzionalmente orientata, anche ai sensi dell’art. 117 Cost. (che impone il rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali) può essere ricondotta la recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 11842 del 02 aprile – 06 maggio 2019 in materia di separazione personale tra coniugi. La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali, per superare le difficoltà relazionali riscontrate nella coppia genitoriale in fase di separazione, avevano ritenuto opportuno che i genitori intraprendessero un percorso di mediazione familiare, disponendo testualmente che il consultorio “prenda in carico il nucleo familiare e predisponga un percorso di sostegno psicologico della minore e di supporto alla genitorialità di entrambe le parti“, e ciò a tutela del pieno interesse della minore. Tale decisione deve ritenersi compatibile con il rispetto dell’altrui diritto soggettivo genitoriale, in questa materia – chiarisce la Suprema Corte – subordinato al preminente interesse del minore che, nel caso di specie era a rischio di pregiudizio per l’elevata conflittualità genitoriale, sulla quale tuttavia era possibile incidere positivamente proprio mediante l’attivazione di un percorso di mediazione familiare a sostegno della genitorialità, al fine di prevenire ulteriori gravi danni al minore.

Naturalmente, il percorso di mediazione familiare è e rimane volontario; quindi anche quando la coppia arriva in mediazione su sollecitazione del Tribunale, è la coppia medesima, che dopo il primo incontro informativo con il mediatore, ha facoltà di decidere se intraprendere e/o proseguire il percorso mediativo e, dunque, di decidere liberamente e responsabilmente se darsi o meno l’opportunità di vivere e gestire la separazione con consapevolezza e maturità, soprattutto nell’interesse dei figli.

Il mediatore familiare è un “traghettatore” della comunicazione, come lo definisce icasticamente il prof. Vittorio Cigoli, una guida che orienta le parti a trovare da sé soluzioni condivise, sviluppando e valorizzando la loro autonomia decisionale e negoziale. Ruolo del mediatore è “stare nel mezzo” per motivare e spronare senza manipolare. Il mediatore familiare non difende e non rappresenta nessuno dei due componenti della coppia che sono posti su un piano di assoluta parità tra loro; è un terzo imparziale, che in un contesto neutrale e confidenziale, in assoluta autonomia dall’ambito giudiziario e nella garanzia del segreto professionale, li aiuta a riorganizzare la propria vita dopo la separazione senza delegare a terzi le proprie scelte in ordine a tutti gli aspetti, relazionali e patrimoniali della separazione nonché inerenti alla cura ed all’educazione dei figli. Tanto, sul presupposto che anche dopo la separazione si rimane genitori sempre, non vi siano un perdente ed un vincitore, ma entrambi i genitori ne escano vincenti insieme. Il mediatore non giudica, non dà consigli, non suggerisce soluzioni, aiuta i mediandi a trovare essi medesimi le soluzioni più atte a soddisfare le esigenze di tutti i componenti della famiglia, compresi i figli, nella diversa dimensione di genitori separati.

Nella sentenza in commento la Corte di Cassazione precisa, altresì, che irrilevante e inconferente è il richiamo, operato daI ricorrente, ad una precedente pronuncia della stessa Corte di Cassazione, la sentenza n. 13506 del 05 marzo – 11 luglio 2015, laddove riteneva contraria e lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito e alla disposizione che vieta l’imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari obbligatori (art. 32 Cost.), la decisione dei giudici di merito che aveva prescritto ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia.

In quel caso, la coppia aveva già intrapreso un percorso di mediazione familiare, tuttavia, fallito a causa della condizione di immaturità della coppia genitoriale, rilevata in sede di CTU, che impediva il reciproco rispetto dei rispettivi ruoli stante l’elevato livello di conflitto personale. Pertanto, mentre il percorso di sostegno alla genitorialità che può essere realizzato attraverso un percorso di mediazione familiare è funzionale a garantire la centralità del minore nella vicenda separativa e  la tutela del suo diritto a mantenere rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori ancorché separati, il percorso psico-terapeutico, pur se in ultima analisi funzionale a garantire il benessere psico-fisico del minore, ha una finalità che esula dai poteri del giudice ed è estranea al giudizio, ossia quella di realizzare una maturazione personale dei genitori che deve rimanere affidata al loro diritto di autodeterminazione.

Il mediatore familiare, del resto, non svolge sedute di terapia di coppia, in quanto non ha come obiettivo il mantenimento o la ricostituzione del legame coniugale o di fatto, ma quello di garantire la continuità della funzione genitoriale in presenza di una volontà di separazione/divorzio espressa dalla coppia stessa.

L’Avv. Emanuela Palamà su Radio Manbassa, puntata del 19.05.2019

L’Avv. Emanuela Palama’, intervistata dallo speaker Ronny Trio di Radio Manbassa, in questa puntata ha parlato della sorte della casa coniugale in caso di separazione e delle recenti novità in tema di assegno divorzile.

L’Avv. Emanuela Palamà su Radio Manbassa, puntata del 14.04.2019

L’Avv. Emanuela Palama’, intervistata dallo speaker Ronny Trio di Radio Manbassa, in questa puntata ha parlato di come gestire i periodi di vacanza con i figli minori (estate, Natale, Pasqua, ecc..); da quale età è consentito il pernotto del figlio minore presso il genitore non convivente; spese ordinarie e straordinarie per i figli.

Revoca dell’assegnazione della casa coniugale.

IN ASSENZA DI FIGLI VA REVOCATA L’ASSEGNAZIONE ALLA MOGLIE DELLA CASA CONIUGALE DI PROPRIETÀ DI ENTRAMBI I CONIUGI, SE NELL’ACCORDO DI SEPARAZIONE IL PERIODO DI GODIMENTO DELL’ABITAZIONE È STATO LEGATO ALLA QUANTIFICAZIONE DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO (CASS. ORDINANZA N. 7939 DEL 20 MARZO 2019).

IL CASO: Un uomo adiva il Tribunale di Novara per chiedere, unitamente alla pronuncia della sentenza di divorzio, la revoca del godimento della casa coniugale assegnata alla moglie, in assenza di figli, in conformità all’accordo di separazione precedentemente raggiunto tra i coniugi. Tale accordo, in particolare, aveva creato un legame tra l’utilizzo della casa familiare e la quantificazione dell’assegno di mantenimento alla moglie, assegno che, difatti, veniva determinato consensualmente nella somma di euro 1.250,00 fino al momento della vendita dell’abitazione e, dopo tale evento, aumentato ad euro 2.000,00, comunque per la durata di tre anni. Sulla base di tale accordo, dunque, il giudice del divorzio revocava l’assegnazione della casa coniugale alla moglie, ritenendo non sussistenti i presupposti di legge per la conferma, in sede di divorzio, della sua assegnazione in assenza di figli.
La moglie impugnava la sentenza del Tribunale innanzi alla Corte d’Appello di Torino, chiedendo l’accertamento dell’inammissibilità della pronuncia di revoca dell’assegnazione della casa coniugale. La Corte tuttavia respingeva l’impugnazione proposta e confermava la sentenza di primo grado, osservando che l’accordo di separazione tra i due coniugi avesse unito la quantificazione del mantenimento della moglie all’utilizzazione della casa, trovando dunque causa nella separazione prima e nel divorzio poi, essendo diretto ad assolvere i doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla cessazione della convivenza.
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE: La signora promuoveva ricorso per cassazione lamentando che la sentenza impugnata avesse erroneamente negato la natura meramente negoziale, occasionata dalla separazione ma non causata da quest’ultima, della concessione in godimento dell’abitazione in comproprietà tra le parti, affermando l’esistenza di un nesso tra l’uso dell’immobile e la quantificazione dell’assegno di mantenimento. La Corte di Cassazione respingeva le doglianze della ricorrente, ritenendo che la Corte d’Appello avesse correttamente interpretato l’accordo di separazione tra i coniugi e, dunque, rigettava il ricorso.
Tale pronuncia si segnala, da un lato, perché riconduce la clausola del godimento della casa familiare al contenuto necessario dell’accordo di separazione tra i coniugi e, dall’altro, perché conferma la previsione anche in sede di divorzio di un assegno di mantenimento “a tempo” (per la durata complessiva di 36 mesi dalla cessazione del godimento dell’abitazione), al fine di evitare, evidentemente, rendite parassitarie a danno dell’ex coniuge obbligato e a favore di quello beneficiario.

L’Avv. Emanuela Palamà su Radio Manbassa, puntata del 24.03.2019

L’Avv. Emanuela Palama’, intervistata dallo speaker Ronny Trio di Radio Manbassa, ha parlato di affidamento e collocamento dei figli minori in caso di separazione; come informare i figli della decisione di separasi; del diritto “di visita” dei nonni verso i nipoti.